
Qualche sera fa nel mio eterno dilemma su cosa scegliere tra:
- Leggere l’ultimo libro della trilogia Millenium di Stieg Larsson
- Bere una birra fresca en plein air
- Mettere un po’ di ordine in casa
- Uscire con gli amici
decido di non fare nulla di tutto ciò e di guardare un meraviglioso lungometraggio di animazione stop motion: Mary e Max del regista australiano Adam Elliot.
Basato su una storia vera il film ha come protagonisti Mary Dinkle, una bambina di 8 anni, 3 mesi e 9 giorni (all’inizio) che abita a Mount Waverly in Australia e Max Horowitz, ebreo quarantaquattrenne di New York che sconfigge l’insonnia mangiando hot dog al cioccolato.
La descrizione dei due personaggi principali, le cui vite si snodano in un arco temporale di 20 anni, mi rapisce subito per i bizzarri dettagli delle loro personalità e la loro umana delicatezza tanto da avvertire un istinto di protezione.
Mary, figlia di una madre cleptomane e schiava dello sherry e di un padre che attacca i fili alle bustine in una fabbrica di tè, vive un’infanzia di solitudine in cui l’unico amico è il gallo Ethel; derisa dai compagni di scuola a causa della voglia marrone in mezzo alla fronte, passa le giornate bevendo latte condensato zuccherato e costruendo i personaggi dei Noblets, il suo cartone animato preferito, con conchiglie, pompon e ossa di pollo riciclate dal take away del venerdì sera, non potendo permettersi di comprare gli originali.
L’unica figura con cui la piccola Mary interagisce è il nonno, uno strano vecchietto che narra improbabili aneddoti su come i bambini nascono nel fondo dei boccali di birra dei loro papà.
Questo racconto ha un ruolo molto importante perché sarà il desiderio di verificarne l’autenticità a far conoscere i due protagonisti.
Max non ha amici, come Mary guarda i Noblets in televisione e ne colleziona i personaggi (originali però), vive con un pesce rosso di nome Enrico VIII, alcune lumache a cui ha dato nomi di scienziati famosi, un pappagallo chiamato Mister Biscuit, il gatto Al (abbreviazione di alitosi da cui è affetto) e il suo amico immaginario chiamato Mister Ravioli. Il suo guardaroba è costituito da 8 tute da ginnastica della stessa taglia e colore; l’unico impegno settimanale di Max è la riunione dei “Mangioni anonimi” ogni giovedì grazie alla quale spera di perdere qualche chilo dei suoi 159.
Un giorno a Mary viene un’idea mentre guarda gli elenchi telefonici di tutto il mondo all’ufficio postale: avrebbe chiesto ad una persona a caso trovata sull’elenco telefonico se anche in un’altra parte del mondo i bambini nascono nei boccali di birra.
Ed ecco che Mary chiude gli occhi e aprendo l’elenco telefonico di New York (ha scelto questo perché attirata dalla copertina che raffigura una signora in piedi in un lago con una mano in fiamme) punta il dito sul nome di Max Horowitz.
Da qui inizia una fitta corrispondenza tra i due.
Alla domanda di Mary riguardo la nascita dei bambini in Australia Max risponde con la sua versione: in America i bambini non si trovano nei boccali di birra ma in uova deposte da rabbini ebrei, se invece non sei ebreo da suore cattoliche e se sei ateo da prostitute luride e solitarie.
Sono molto simili i protagonisti, entrambi rotti negli stessi punti, soli, emarginati, non capiti ma con una profonda sensibilità che li rende unici.
Lo scambio di lettere in cui si raccontano le loro giornate, il loro passato, ciò che piace e che non piace, scambiandosi le domande più curiose e dispensando consigli a vicenda per affrontare le difficoltà quotidiane, diventa ben presto una solida amicizia e un punto di forza reciproco.
Il regista inserisce nel rigido bianco e nero, che caratterizza il mondo di Max, elementi colorati del mondo di Mary (il pompon rosso che gli ha regalato e le sue lettere) per sottolineare ancora più efficacemente la presenza di qualcosa di nuovo e di bello che entra nel grigiore della vita dell’uomo.
Tutto si complica, però, quando Mary chiede a Max cos’è l’amore, se è sposato e se ha mai fatto sesso.
La domanda lo getta in uno stato di forte panico e lo pone davanti alla cruda verità: lui non solo non è mai entrato in contatto con una donna ma con nessun altro essere umano. A questa forte crisi segue il ricovero in una clinica psichiatrica per 8 mesi durante il quale gli viene diagnosticata la sindrome di Asperger (un disturbo caratterizzato da isolamento sociale, schemi comportamentali ripetitivi, attività e interessi molto ristretti, ansia e depressione).
Gli anni passano, Mary nel frattempo si sposa e si laurea in psichiatria proprio con una tesi sulla sindrome di Asperger che però Max interpreta come un riferimento a se stesso che lo fa sentire “un caso clinico da studiare” e non più l’amico che, con tanta fatica, si è lasciato conoscere nel profondo fidandosi di qualcuno per la prima volta. Mary, invece, si è dedicata alla studio di questa malattia proprio per poterlo aiutare. Questa ferita allontanerà i due best friends per quasi un anno gettandoli reciprocamente in uno stato di forte indolenza che spingerà Mary (nel frattempo lasciata dal marito scopertosi gay) a pensare al suicidio.
La delusione è stata grande ma non ha distrutto il loro legame… proprio mentre Mary vive il suo giorno peggiore le viene recapitato a casa un pacco. Ecco il deus ex machina: il pacco contiene la collezione originale completa dei Noblets che Max le ha inviato come reciproco perdono dopo che lei, a sua volta, gli aveva inviato una lattina di latte condensato zuccherato con sopra scritte le sue scuse.
A questo punto della storia mi sento fiduciosa e penso già all’happy ending che ogni spettatore desidera. Mary parte per New York con suo figlio sulle spalle (concepito poco prima della rivelazione del marito), Max l’aspetta…finalmente dopo tutti questi anni di intensa corrispondenza i due saranno faccia a faccia.
Mary è davanti alla porta di Max, la apre e…ovviamente mi odierete ma non posso spoilerare il finale altrimenti non guardereste il film e sarebbe un gran peccato!
Il regista chiude questo bellissimo ed emozionante lungometraggio con la frase chiave che è anche una saggia verità: “Dio ci ha dato i parenti. Grazie a Dio possiamo scegliere i nostri amici”.
Qui il sito ufficiale del film:
http://maryandmax.com
Qui il trailer del film: